“Tendi la tua mano al povero”. È, questo un messaggio che oggi risuona con tutta la sua carica di significato in un tempo caratterizzato dalla pandemia sanitaria in atto. Un messaggio che ci guida all’essenziale e a superare le barriere dell’indifferenza nei confronti della povertà che cambia e assume volti differenti.
Nel suo messaggio per la IV “Giornata mondiale dei Poveri” Papa Francesco ci esorta a cambiare gli archetipi del contrasto alla povertà e si rivolge agli uomini, ma anche le istituzioni e tutte le organizzazioni affinché il contrasto di ogni forma di povertà diventi una missione collettiva e comunitaria.
Non esistono scarti della società. Chiunque può contribuire a generare una nuova umanità. È nel principio dell’economia circolare. Il povero non va esposto alla politica dell’assistenzialismo perenne. Non serve donargli beni di ogni sorta e in modo costante e continuo se non si accosta alla politica meramente assistenzialistica una politica di prossimità. L’assistenzialismo non è tale se non accompagnato da pratiche che portano lo stesso alla conquista della autonomia.
Le mani che fanno il bene – Nel Messaggio del Papa entra con forza l’attualità. In un mondo travolto dal dolore e dalla morte, dallo sconforto e dallo smarrimento a causa del coronavirus, Francesco intravede le tante mani tese di medici preoccupati, infermieri senza orari, farmacisti esposti al pericolo della malattia, volontari che aiutano i poveri, sacerdoti chiamati a “benedire con lo strazio nel cuore”.
Le mani chiuse – Dalle mani generose, il Papa passa in rassegna le “mani in tasca” che non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici. L’indifferenza e il cinismo sono il loro cibo quotidiano. Sono mani che spostano il denaro decretando la miseria di molti o il fallimento di intere nazioni; mani che accumulano soldi vendendo armi che altre mani, anche di bambini, useranno per seminare morte e povertà. Mani che passano la droga, che scambiano favori illegali per guadagno. Mani dunque che vanno pulite diventando “strumenti di giustizia e di pace per il mondo intero”.
La pandemia ci ha fatto sperimentare “il senso del limite”, “la restrizione della libertà”, ha provocato la perdita degli affetti più cari, del lavoro, abbiamo scoperto la paura e al tempo stesso – evidenzia Francesco – “quanto sia importante la semplicità e il tenere gli occhi fissi sull’essenziale” e “l’esigenza di una nuova fraternità”.
“In tutte le tue azioni, ricordati della tua fine”: si legge nel Siracide perché “il fine di ogni nostra azione non può essere altro che l’amore”. “È questo – scrive il Papa – lo scopo verso cui siamo incamminati e nulla ci deve distogliere da esso. Questo amore è condivisione, dedizione e servizio, ma comincia dalla scoperta di essere noi per primi amati e risvegliati all’amore”.
Urgono riforme serie delle politiche pubbliche di contrasto alle povertà. Ci troviamo nel periodo della raccolta delle olive e le nostre campagne si ripopolano di migranti. Gli stessi abitano i casolari abbandonati e vengono a bussare a Casa Accoglienza S. M. Goretti per garantirsi l’essenziale: docce, cibo e farmaci… Ma cosa succede in quelle campagne? A chi spetta monitorare la condizione fisica degli stessi? Chi se ne prende cura oltre noi? Ecco che il messaggio di Papa Francesco, che esorta le istituzioni a fare la propria parte, diventa centrale in un momento di grande attenzione per il contenimento del contagio … non soltanto sanitario. Ogni riflessione su quest’ultimo mio passaggio è ben accetta affinché possa scuotere le coscienze di chi sa e non agisce per tempo!